IL MUSEO

Allestito in uno storico edificio di archeologia industriale, l’ex fabbrica Meucci a Mercatale di Vernio, il Mumat custodisce macchine storiche per la produzione di filato e tessuti. Il museo si propone come centro di diffusione e valorizzazione della cultura tessile, fortemente radicata in Val di Bisenzio e nel pratese fin dal medioevo.

IL PERCORSO ESPOSITIVO

Il percorso racconta, anche attraverso esperienze sensoriali e interattive, la scoperta delle fibre e dei macchinari tessili di differenti epoche e l’affascinante processo produttivo della lana rigenerata.

LE ATTIVITÀ

Il Mumat è un luogo di conoscenza e incontro su cultura e memoria della produzione tessile. Organizza mostre, eventi in rete con le realtà tessili, le aziende del territorio e il Museo del Tessuto di Prato. Elabora percorsi didattici per le scuole e laboratori per bambini e adulti.

OFFERTE DIDATTICHE 2023-2024


LA STORIA DEL SITO INDUSTRIALE

Il Mulino

L’antico Mulino Meucci risale alla fine del XVIII secolo e sorge in una posizione favorevole vicino alla confluenza del Fiumenta con il Bisenzio e a un mercatale, un luogo di commerci e scambi.

La fabbrica

A fine Ottocento si aggiungono alcune lavorazioni tessili, che sfruttano gli stessi manufatti idraulici del mulino. Qui nasce uno dei primi carbonizzi della Val di Bisenzio e una stracciatura. Si tratta delle fasi preliminari del ciclo tessile cardato, che trasforma gli stracci in lana rigenerata.

I Meucci

Nel 1922 i Meucci, ormai imprenditori tessili più che mugnai, ampliano le lavorazioni con una filatura, azionata da una turbina più potente e innalzano la ciminiera. Negli anni Cinquanta si aggiunge la tintoria e l’attività prosegue fino al 1988 grazie a una cooperativa di operai.

Il Museo

Nel 1990 l’acquisto da parte del Comune di Vernio e il progetto di ristrutturazione e trasformazione in Museo delle Macchine Tessili.

Ex fabbrica Meucci

Il Mulino Meucci risale alla fine del XVIII secolo, a quel momento cioè in cui l’attività

molitoria e in generale tutte le attività imprenditoriali del territorio di Vernio, vengono

liberalizzate e non devono più sottostare al controllo dei conti Bardi. Siamo infatti

all’epilogo del famoso Feudo di Vernio, avvenuto nel 1798.

Il primo documento che attesta l’esistenza di un impianto molitorio alla confluenza tra il

Bisenzio e il Fiumenta a Mercatale, risale però al 1813 (Archivio di Vernio). Si fa

riferimento ad un mulino recentemente costruito da Franco Meucci… in realtà sembra che il

Meucci fosse il mugnaio, mentre la proprietà doveva essere della famiglia Bertini di Prato.

Solo nel 1906, per legami di parentela, il mulino passa definitivamente ai Meucci –

Marianna del fu Giuseppe Bertini, sposa Amerigo del fu Prospero Meucci. Nel 1812 sul

Catasto Generale Toscano già si riconosce un edificio idraulico a 2 palmenti con annessa

gora e margone trapezoidale.

La posizione del mulino, favorevole in quanto vicino ad una confluenza e a un mercatale,

ovvero un mercato dove avvenivano commerci e scambi di merci (da qui il toponimo del

borgo di Mercatale), diventava pericolosa in tempo di piene e inondazioni, se è vero come

ci dicono i documenti che il primo impianto fu completamente distrutto da una alluvione

e ricostruito più ampio (4 palmenti) da Prospero Meucci. Nel 1893 furono aggiunti il

forno e la bottega di alimentari proprio sopra la stanza delle macine che diventarono un

punto di riferimento per il borgo. Sempre in quegli anni, seguendo un topos produttivo

classico della Val di Bisenzio, verranno aggiunte all’attività molitoria anche altre

lavorazioni, sfruttando gli stessi manufatti idraulici che portavano già l’acqua al mulino: si

tratta di lavorazioni tessili che sfruttavano l’energia di una turbina. Quando l’energia

idraulica risultava insufficiente (secca del fiume), si integrava con l’energia prodotta dalla

piccola centrale idroelettrica di Gavigno, pionieristica esperienza attiva fino dal 1921.

Alla fabbrica Meucci venne inizialmente impiantato uno dei primi carbonizzi della vallata

e una stracciatura: si tratta delle fasi preliminari del ciclo cardato, tramite le quali si

trasformano gli stracci e gli scarti tessili nella famosa lana meccanica. Questo tipo di

lavorazioni, ancora fino agli anni Sessanta del ‘900, impiegano sostanzialmente

manodopera maschile, proprio per la durezza e insalubrità delle mansioni svolte.

Le cose cambiano dal 1922, quando i Meucci, ormai imprenditori tessili più che mugnai,

decidono di ampliare le lavorazioni e impiantare anche una filatura (6 filande, 900 fusi e 2

assortimenti) azionata da un sistema di trasmissioni e cinghie mosse da una nuova

turbina più potente; a questo periodo risale la costruzione della ciminiera. Nel 1928 si

dismette l’attività molitoria, mentre bottega e forno restano, visto il grande commercio

legato ai cantieri e ai tanti lavoranti sul posto per la costruzione della Direttissima.

Proprio i lavori per la ferrovia Direttissima sembrano la causa della demolizione della

vecchia pescaia (posta subito a monte dell’antico ponte medievale) e del rifacimento di una

più robusta e performante molto più a nord. Le escavazioni di ghiaia e materiale edile dal

greto del fiume necessari ai cantieri sembra infatti avessero danneggiato gravemente la

vecchia presa e reso troppo basso il letto del fiume per far lavorare bene gora e margone,

quindi nel 1930, con una causa al Ministero dei Lavori Pubblici, la pescaia fu rifatta.

Alla fine degli anni Trenta la piccola azienda familiare con 12 operai si era ormai

trasformata in una ditta strutturata che impiegava circa 80 operai.

La seconda guerra mondiale comportò una battuta d’arresto per la ditta, visto anche che i

guastatori tedeschi in ritirata minano e fanno saltare l’antico ponte a gobba d’asino. La

mina dal lato della fabbrica però non esplose lasciando illesa la struttura. Ci pensarono

però gli americani a farla brillare per creare un passaggio ai carri armati il 25 settembre

1944, questa volta danneggiando pesantemente il corpo di fabbrica a 3 piani, mai

ricostruito (attualmente la struttura è a 2 piani).

Le attività tessili continuarono con alterne vicende anche nel dopoguerra: i Meucci

inizialmente tentarono la via dell’impannatura, esternalizzando la filatura. Al carbonizzo e

alla stracciatura fu aggiunta alla fine degli anni Cinquanta anche una tintoria. Per cercare

di superare una crisi alla fine degli anni Sessanta, la ditta fu rilevata da una cooperativa di

operai e, grazie all’esperienza e all’impegno di alcuni dipendenti storici, la parabola

produttiva andò avanti fino al 1988, quando si ebbe la chiusura definitiva dell’azienda.

Al 1990 risale l’acquisto da parte del Comune di Vernio e l’importante progetto di

ristrutturazione e trasformazione dell’immobile di archeologia industriale, parte in spazio

polifunzionale a servizio della comunità di Vernio e parte in Museo delle Macchine Tessili.

Fondazione CDSE


ORARI
Lunedì 18-23
Mercoledì 18-23
Giovedì 16,30-21
Venerdì 17,30-23
Sabato e Domenica aperto in concomitanza di eventi e su prenotazione.
Per info e prenotazioni: info@fondazionecdse.it

CONTATTI
Il Mumat è gestito dal Comune di Vernio
con la direzione scientifica della Fondazione CDSE (www.fondazionecdse.it).
Fa parte della Rete dei Musei di Prato (www.retemuseidiprato.it)
È partner del progetto di turismo d’ambito TIPO – Turismo Industriale Prato (www.pratoturismo.it)

Mumat – Museo delle macchine tessili
Via della Posta Vecchia
59024 – Mercatale di Vernio, Vernio (PO)
0574931065 0574942476 (9-13) - info@fondazionecdse.it

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